lunedì 30 novembre 2015

Gli attriti Nato - Russia si estendono in Medio Oriente

#Pensatopervoi

La rubrica settimanale con le nostre proposte

Gli attriti Nato - Russia si estendono in Medio Oriente

Il golpe di Majdan, l’annessione della Crimea e la guerra civile ucraina hanno riaperto un mai realmente sopito scontro Est/Ovest che vede opposte la ‘nuova Nato’ rinvigorita dagli allargamenti post-89 e la Russia post-eltsiniana rialzatasi dai disastrosi anni novanta. Il golpe di Majdan scoppia poco tempo dopo l’accordo sull’arsenale chimico siriano e da allora la Russia è stata impegnata su due fronti. Nel primo, quello ucraino, Mosca vede messa a rischio la propria sicurezza nazionale e non mostra particolare apprezzamento verso l’accerchiamento della Nato: lo scontro tra le regioni ribelli del Donbass e il governo di Kiev va quindi inscritto in un più grande confronto tra Nato e Russia che qualche politologo in pieno impazzimento unipolare pensava si fosse concluso, decretando contemporaneamente la “fine della storia”. Il secondo fronte, quello siriano, vede in gioco gli interessi di molte potenze regionali e mondiali in una delle aree più calde del pianeta segnata da tribalismo, scontri politici, etnici e religiosi. Lungi dal voler ricondurre il tutto a paradigmi geo-religiosi che restano in superficie, il conflitto siriano va contestualizzato all’interno della partita iraniano-saudita nell’area del Golfo Persico/Arabico in un momento di riassetto degli equilibri globali e regionali. Tra i principali attori, oltre a iraniani, israeliani e sauditi, ci sono anche la Turchia e un (ultimamente meno) iperattivo Qatar. Non è più possibile leggere il mondo e gli scenari di crisi utilizzando la lente della guerra fredda e neanche il ritorno del confronto con la Russia deve spingerci in questa direzione. La storia – che non si ferma di fronte alle teleologie – ha deciso di procedere ugualmente: gli equilibri globali sono in mutamento ed  il progressivo declino della super-potenza statunitense si ripercuote in diversi scenari, non ultimo il subbuglio mediorientale. 

Come leggere la crisi tra Mosca e Ankara causata dall’abbattimento del jet russo? Da una parte c’è l’aspirante sultano Erdogan artefice di una rinascita islamista e propugnatore di una politica neo-ottomana volta a ricostruire l’influenza turca nei territori dell’impero perduto. Quale occasione più ghiotta di una guerra civile mediorientale? Dall’altra parte una Russia nuovamente attiva nello scenario mediorientale che non si identifica nella limitante definizione obamiana di “potenza regionale”: in Siria la Russia si sta giocando il proprio status di potenza. La crisi russo-turca minerà certamente le notevoli relazioni tra i due paesi in ambito economico[i] come ha preannunciato il primo ministro russo Dmitry Medvedev[ii]. E’ a rischio anche il progetto del “Turkish Stream” (a sua volta figlio della crisi ucraina), gasdotto che dovrebbe collegare la Russia alla Turchia attraverso il Mar Nero per poi arrivare in Europa passando per il territorio greco.
I due paesi in Siria seguono agende opposte: la Russia sta al fianco del governo e dell’esercito siriano mentre la Turchia è intenzionata ad estendere la propria influenza nel nord della Siria e a buttare giù Assad a qualsiasi costo. L’‘ambigua’ politica turca nei confronti dell’IS si spiega con l’incompatibilità della permanenza di Assad con i disegni neo-ottomani di Erdogan. Una lotta all’IS che al contempo legittimi il governo siriano per la Turchia non avrebbe senso ed è per questo che l’intervento russo ha fatto andare su di giri il leader turco, soprattutto se in gioco ci sono anche i “fratelli turcomanni”, fazione ribelle attiva nella Siria nord-occidentale, sostenuta apertamente dalla Turchia. Nella lotta contro l’esercito siriano, i turcomanni non si sono tirati indietro di fronte a convergenze sul campo con le formazioni jihadiste attive nell’area; in un’analisi della BBC si può leggere a tale proposito: «Reports say the brigades work with other opposition armed groups in the northern Latakia countryside, including the FSA, the al-Qaeda affiliated Nusra Front and the Islamist Ahrar al-Sham»[iii].
E’ difficile pensare che l’abbattimento del jet russo sia stato ‘casuale’. Al di là della discussa presunta violazione dello spazio aereo turco, non si abbatte un aereo di un paese amico o anche ‘non nemico’ per una violazione di pochi secondi che non rappresenta una minaccia per la sicurezza nazionale. Se lo si fa è evidente che si vuole lanciare un forte segnale (geo)politico, consapevoli delle gravissime ripercussioni che ne seguiranno; d’altra parte la Turchia ha visto svanire il piano della costituzione di una zona cuscinetto nel nord della Siria sotto il controllo dei ‘ribelli moderati’ e magari con il supporto di una no-fly zone a danno dagli aerei dell’esercito siriano. Come fa notare Alberto Negri[iv], non è forse un caso il fatto che l’aereo russo sia stato abbattuto poco dopo la visita di Putin a Teheran. Tra gli ‘eredi’ degli storici imperi russo, persiano e ottomano (caratterizzati nel corso della loro storia da rapporti di rivalità e competizione) si consolida l’intesa geopolitica russo-iraniana in opposizione alle aspirazioni di Erdogan che considera intollerabili le ingerenze nella ‘sua’ parte di Siria. Gli analisti si dividono tra coloro che mettono in primo piano il ruolo attivo indiretto della Nato (e quindi degli Usa) a cui la Turchia avrebbe reso un favore[v] e coloro che invece attribuiscono l’azione di Ankara ad una maggiore autonomia decisionale della Turchia, interessata a far peggiorare i rapporti tra Nato e Russia[vi].
La risposta russa è stata decisa ma controllata, evitando di fomentare una pericolosa escalation militare con una potenza regionale, componente fondamentale della Nato. La Russia però sta rafforzando notevolmente la presenza militare con il posizionamento dell’incrociatore Moskva lungo le coste siriane e con lo schieramento dell’avanzatissimo sistema antiaereo S-400, suscitando l’apprensione degli USA.
Non sono facilmente prevedibili i risvolti che la crisi tra Russia e Turchia avrà nella formazione della coalizione anti-Isis e in particolare nella recente inedita intesa russo-francese. E’ certo che l’abbattimento del Su-24 sta avendo come immediata conseguenza un maggiore coinvolgimento militare della Russia in territorio siriano con ciò che questo comporta in termini di rapporti di forza tra le parti in lotta. Si acuisce sempre di più il grande problema del futuro del “Syraq” che divide russi, turchi, potenze occidentali, curdi e i vari altri Stati che sono ‘presenti’ in Siria come committenti di proxy wars.
Federico La Mattina



[i]  Vedi J. Sapir, Impact économique sur les relations Russo-Turques http://russeurope.hypotheses.org/4502.
[ii] https://www.rt.com/news/323373-ankara-defends-isis-medvedev/
[iii] http://www.bbc.com/news/world-middle-east-34910389.
[iv] A. Negri, Due imperi e il terzo incomodo, http://www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2015-11-26/due-imperi-e-terzo-incomodo-073054.shtml?uuid=ACJdLfhB.
[v] Si veda ad esempio F.  Scaglione, La Nato alla guerra contro la Russia, http://www.fulvioscaglione.com/2015/11/24/la-nato-alla-guerra-contro-la-russia/.
[vi] Si veda in proposito D. Santoro, Erdoğan abbatte il jet perché vuole la crisi militare tra Nato e Russia http://www.limesonline.com/erdogan-abbatte-il-jet-perche-vuole-la-crisi-militare-tra-nato-e-russia/88146?prv=true.

Nessun commento:

Posta un commento