lunedì 22 agosto 2016

L'orso russo si è riarmato

L'orso russo si è riarmato



L’anno è il 1991, Mikhail Gorbachev, segretario generale del partito comunista sovietico, firmerà le ultime carte che sanciranno la fine dell’URSS. La bandiera rossa sulla cupola del Cremlino verrà sostituita dal nuovo tricolore russo. Seguono gli anni ’90, gli anni della transizione da economia pianificata a libero mercato, gli anni delle svendite, degli oligarchi, della crisi economica. La Russia è allo sbando, il tessuto sociale lacerato, e ogni pretesa di rivestire il precedente ruolo di super potenza pura utopia. Le forze armate in parte congedate, ciò che resta, il minimo sindacale, assisterà impotente all’accumulo nei depositi, nei porti, negli aeroporti, di mezzi aerei marittimi e terrestri, che negli anni ’80 rappresentavano l’ossatura dell’esercito più numeroso del mondo, condannati alla rugginosa erosione.

Gli enormi sottomarini nucleari classe Typhoon,[1] la cui realizzazione era costata al popolo sovietico ben più di un sacrificio, abbandonati sui moli o affondati. Il progetto di costruzione delle super portaerei (per contrastare la US Navy) abbandonato e il secondo prototipo, la Varyag[2], completato all’80% e venduta alla Cina. Nelle regioni centrali enormi parcheggi di veicoli blindati e aeromobili dismessi. Ciò che rimane attivo dell’esercito russo viene scarsamente addestrato e poco motivato, summa di fattori che si paleserà nella rovinosa e scellerata conduzione della prima guerra di Cecenia.

Gli anni 2000 sono gli anni dell’aumento del prezzo del greggio, che in Russia coincide con l’aumento dell’export,[3] sono gli anni del pugno duro antidemocratico di Vladimir Putin, della lotta agli oligarchi e del conflittuale e controverso rapporto con la stampa. Ma sono anche gli anni in cui la Russia costruisce le premesse per ciò che si concretizzerà nell’intervento a fianco della Siria di Assad e il colpo di mano della Crimea.

Se la geopolitica è lo studio dei rapporti fra gli stati nazione, regolati in ultima istanza dalla forza, la Federazione Russa, ha dimostrato di nutrire rinnovate ambizioni di potenza regionale, investendo sull’ammodernamento delle proprie forze armate. Il faraonico progetto è iniziato nel 2008 e dopo alcuni rallentamenti (dovuti alla deflagrazione della famosa bolla finanziaria) nel 2013 è entrato a pieno regime.[4] Il Governo Putin ha dichiarato: “assicurare le capacità di difesa della Russia è una priorità della nostra politica. Sfortunatamente il mondo, per come è oggi, non supporta uno sviluppo tranquillo e sicuro”

Il punto è che il mondo è diverso da come si configurava negli anni ’90, Gli Stati Uniti e la NATO non hanno più le risorse finanziarie per sviluppare autonomamente progetti per di ricerca e ammodernamento dei sistemi d’arma, così come la Russia o la Cina, ecco perché il nostro momento storico è contraddistinto dalla nascita dei consorzi. Associazioni economiche di nazioni che mettono a frutto risorse finanziarie, tecnologiche e di manodopera per la realizzazione di armi comuni che serviranno ad armare gli eserciti alleati.

Il modo migliore, insomma, per abbattere i costi di ricerca e sviluppo. La Russia, insieme ai BRICS, è riuscita a produrre ( e con un certo anticipo rispetto all’occidente) il primo caccia da superiorità aerea di quinta generazione: Il SU-T50 PAK-FA[5] (PAK-FA è l’acronimo russo del nostrano V-TOL, Vertical Take OFF and Landing, decollo e atterraggio verticale) Un aereo che ,a detta degli analisti occidentali, supererebbe in prestazioni il tanto blasonato F-35 Lightning II.

Ma il SU-T50 non è l’unico mezzo su cui il governo russo ha investito, hanno giovato dei nuovi fondi anche gli apparecchi già in servizio costruiti in epoca sovietica, come i SU-33 nella loro versione navale, aggiornati e portati allo standard di generazione 4.5, le pesanti navi di superficie classe Kirov[6] ammodernate e messe alla testa delle quattro flotte della marina russa, si è avuto anche l’ammodernamento dell’unica super portaerei in forza alla flotta, l’Admiral Kuznetsov,[7] garantendo quindi alla federazione una notevole capacità operativa anche al di fuori delle proprie acque territoriali. 

A ciò si affianca l’aggiunta di 12 nuovi sommergibili a propulsione diesel, che vanno a rimpinguare la flotta sottomarina numericamente più consistente del mondo. Anche le truppe di terra hanno subito un notevole potenziamento, il giorno della celebrazione della vittoria nella grande guerra patriottica (è così che i russi chiamano la seconda guerra mondiale) è stato presentato al mondo il T-14 Armata,[8] il nuovo MBT (Main Battle Tank) che entro il 2020 dovrebbe sostituire gran parte degli ottimi T-80/90 ancora in servizio nell’esercito. 

La presentazione di un nuovo carro da battaglia, ad una parata pubblica, da parte di un governo che da tradizione è sempre stato fanaticamente geloso dei propri segreti militari, dimostra come la Russia intenda mandare un messaggio chiaro all’occidente e soprattutto alla NATO, “la Russia prenderà tutte le contromisure necessarie”.[9] Il che implica anche l’ammodernamento dei sistemi di difesa antiaerea con l’ingresso dei modernissimi S-400[10] (schierati anche in Siria dopo l’abbattimento del SU-24 Fencer da parte dell’aviazione turca) e il potenziamento delle truppe missilistiche per garantire quel margine di deterrenza nucleare cui Mosca crede ancora.

In ultima istanza è bene sottolineare come anche dal punto di vista informatico la Russia abbia fatto notevoli passi avanti con l’inserimento (ancora in via sperimentale) del sistema RATNIK.[11] Un sistema di Data-Link che dovrebbe collegare in tempo reale ogni soldato al centro di comando, permettendo una fruizione più chiara degli ordini ed un’incrementata efficacia sul campo. Tutti questi investimenti dimostrano in maniera evidente come Mosca abbia deciso di abbandonare il ruolo di remissiva e instabile nazione datale dagli sconvolgimenti degli anni ’90, decidendo di tornare ad essere protagonista della politica internazionale, utilizzando l’efficacia del proprio esercito come strumento di pressione soprattutto nei confronti dei vicini. Sull’efficacia di tale manovra è presto per esprimersi, di certo la Russia dovrà pensare di differenziare le proprie fonti di guadagno andando oltre la vendita di petrolio e gas naturale, perché tali progetti a lungo termine è bene farli senza la schiavitù del prezzo del barile che incide ora positivamente, ora negativamente, sul PIL.
Fabrizio Tralongo

Note:
[2] http://www.naval-technology.com/projects/varyag-aircraft-carrier-china/

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